C’era
una volta – o forse c’è ancora- un Re…
Accadde
nel paese di Onassas, davanti alla
locanda del paese. Quella dove i sudditi si incontravano e, tra un boccale e
l’altro, affogavano le loro delusioni o trasformavano in un ritrovo nel quale
la corte dei miracoli accorreva per informarsi, scambiarsi notizie e,
soprattutto, pettegolezzi.
Quelli
che si trovavano presso la locanda parlavano dei ministri di Re Piffero e dei fatti di governo…
Un
governo nel quale non sempre erano i ministri a decidere. A firmare si, a
decidere no!
Infatti, l’ultima parola spettava
sempre ad Avvelenavipere, l’astuto consigliere e protettore.
Quello
di cui persino le serpi avevano timore, perché era più velenoso di loro.
Anche
uno dei ministri, tra quelli più ascoltati da Re Piffero – Sculetta -, prima di accennare ad Avvelenavipere, non
si esimeva dall’inchino di rito. Un inchino dal quale non si rialzava se,
prima, non riceveva il permesso.
Di
Sculetta il Re aveva una predilezione e, si diceva, più di quanto non né avesse
per la stessa regina. Per lui immaginava un radioso futuro da vicerè, se non
addirittura da Re il giorno in cui, lui, avesse deciso di non occuparsi più del
regno.
In
verità, della regina, in paese si raccontavano tante storie, ma quasi nessuno
era riuscito ad avere il piacere di conoscerla perché, lei, non partecipava
agli incontri ufficiali. Non frequentava le stanze pubbliche del palazzo. In
pochi, ne conoscevano, ed apprezzavano, le
virtù.
Re
Piffero nelle calde sere d’estate, accompagnato dal ministro Sculetta, dopo
aver attraversato il giardino del paese, si recava all’ingresso della locanda
per ascoltare gli umori del popolo e della corte. Amava sapere cosa il popolo –
o meglio i sudditi - considerati “pesanti”, pensavano delle sue doti di
governo.
Amava
essere adulato. Tutti sapevano che, chi lo criticava, sarebbe incorso nei suoi
strali e “scomuniche” e non avrebbe più avuto diritto all’accesso a Palazzo
durante le udienze.
A
volte, però, si riservava il diritto della discrezione e, se qualcuno capitava
nel giorno buono, magari, avrebbe goduto della sua magnanimità.
Re
Piffero, prima di essere nominato Re,
amava dilettarsi nella bottega di uno stregone di un paese lontano, facendo
l’apprendista curandero.
Re
Piffero era preceduto dalla fama – non si sa quanto vera e quanto falsa - di
essere un buon curandero, avendo, in passato, tolto qualche callo, scarnato
qualche unghia ed eliminato peli superflui. Però, a questa attività, aveva
dedicato poco tempo… Lui amava occuparsi d’altro…
Voleva
fare il Re! Voleva conquistare un impero!
Era
riuscito anche a pronunciare un giuramento che, a quel tempo, veniva definito di Ippocrate – uno studioso
che viaggiava per il mondo e capitò ad Onassas proveniente da terre lontane –.
Il giuramento recitava e così : “… giuro di perseguire come scopi esclusivi
la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell' uomo e il
sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità … ogni mio atto
professionale … di attenermi alla mia attività ai principi etici della
solidarietà umana … di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza
… ed osservando le norme deontologiche … quelle giuridiche che non risultino in
contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione
esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie doti morali; di
evitare, anche al di fuori dell' esercizio professionale, ogni atto e
comportamento che possano
ledere il prestigio e la dignità della professione … di curare tutti i miei
pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che
essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione,
nazionalità condizione sociale e ideologia politica … di osservare il segreto
su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito
nell' esercizio della mia professione o in ragione del mio stato …”
Una sera, Re Piffero, davanti alla locanda incontrò un
suddito. Uno che in passato aveva chiesto di essere aiutato e, Re Piffero, gli
suggerì di andare alla bottega dello stregone dove lui stava imparando a fare
il curandero.
Il suddito era stato morso da un animale raro – la credulite
- e poteva anche morire se il curandero non fosse intervenuto in tempo. Ma, per
fortuna del povero malcapitato, riuscirono a rimetterlo in piedi e tornò ad
Onassas con le sue gambe.
Poco tempo dopo, il malcapitato, ebbe l’ardire di criticare
il sovrano rispondendo ad alcune domande sul giornale di annunci locale.
Queste, non piacquero al “Piffero” il quale si risentì molto
e, coraggiosamente, una sera affrontò l’uomo dicendogli : ”… forse
era meglio se ti avessi abbandonato al tuo destino…
Forse era meglio se ti avessi
lasciato crepare, piuttosto che trovarmi uno tra i piedi che ha l’ardire di
criticarmi…” .
Re Piffero sfogo’ il suo fiele nei confronti del malcapitato
davanti a molti testimoni increduli che nulla sapevano dei problemi personali e
di salute del malcapitato, né che fosse stato morso dalla credulite.
L’ira di Re Piffero piombò sul malcapitato il quale ebbe solo
il coraggio di far osservare che, lui, chiedeva che il governo del paese
rispettasse le promesse fatte. E, non riusciva a capire cosa c’entrasse la
storia dell’aiuto che Re Piffero gli aveva offerto quando ancora nessuno
credeva nelle sue doti di sovrano e non era ancora salito sul trono del regno
di Onassas.
Tanto che al malcapitato nacque un dubbio : ma, Re Piffero,
sfruttava il fatto di essere un curandero per fare il Re carpendo la fiducia
dei creduloni o riusciva a fare il curandero perché è facilitato dall’essere
Re?
Il pover’uomo non seppe darsi una risposta.
Ma una cosa era certa, a nulla era valso quel giuramento al
quale anche il “Piffero qualunque”, apprendista curandero, non ancora diventato
Re, avrebbe dovuto attenersi :”… curare tutti i miei pazienti con eguale
scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e
prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione
sociale e ideologia politica … di osservare il segreto su tutto ciò che mi è
confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell' esercizio della mia
professione o in ragione del mio stato …”.
E, fu così che, da quel giorno, nel paese di
Onassas quel sacro giuramento diventò ” il giuramento dell’ IPOCRITA”
fatto dal Piffero… E alcuni sudditi ne cominciarono a fare le spese!
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