C’era una volta – o forse c’è
ancora - quel re…
Quel
re che, un giorno, decise di andare in visita agli inferi.
Un
degno corteo di consiglieri fraudolenti, scismatici, seminatori di discordia,
ladri, bari, imbroglioni, usurai, ruffiani e seduttori, adulatori senza dignità,
ignavi, si formò lungo la strada e lo accompagnò.
Aveva
bisogno di visitare quella che sarebbe stata la dimora che lo avrebbe ospitato
per l’eternità e, così, si incamminò.
All’ingresso
di una grande caverna lo attendeva Minosse. Piffero lo salutò così come si deve
ad un pari. Scostò l’elmo cornuto per evitare che le nobili protuberanze si
intruppassero con quelle dell’antico sovrano e a lui, che esercitava il
mestiere di giudice delle anime assegnando loro la destinazione eterna, chiese
informazioni sul girone di destinazione.
Minosse,
che di gente “curiosa” all’inferno ne aveva vista passare e conosciuta tanta,
alla vista di quello strano personaggio dal lungo naso, chiacchierone dal
moscio accento e un po’ ciarlatano, non sapeva cosa fare. Il ruolo di giudice
dei dannati gli imponeva di ascoltare le ragioni di tutti, quindi anche le sue.
Re Piffero, impettito e ripetitivo, elencò i meriti che lo avevano portato fin
laggiù.
“Sire – esordì – oggi, trovarmi di fronte a tanta immacolata bellezza è il più bel
giorno della mia vita. Mai avrei pensato che madre natura avesse voluto
concentrare in sua maestà tanta sublime grazia testimoniata dalla dolcezza dei
suoi tratti…”
Minosse,
a cui nessuno aveva mai rivolto tali apprezzamenti, e che tutto poteva essere
fuorché bello ed attraente, si mostrò subito pensieroso e pensò : “vuoi vedere che questo è venuto fin quaggiù
per prendermi per i fondelli?”.
Piffero
aggiunse : “…Io, in vita mia, ho sempre
raccontato la verità e, con l’onesto lavoro quotidiano, perseguito il bene per
i miei sudditi ed ho sacrificato la mia vita e l’affetto per la famiglia.
Ho amministrato con
intelligenza dimostrando sensibilità nei confronti dei bisognosi. I miei
sacrifici, però, non sono mai stati
capiti.
I miei nemici hanno sempre denigrato tutto
quello che di buono ho cercato di fare. Non hanno capito cosa vuol dire
sacrificarsi per il popolo. Loro mi hanno accusato di essere un cinico, opportunista
imbroglione, capace solo di privilegiare amici, familiari e compari.
Si sbagliano!!! Non ho mai detto che avrei
preferito far morire, piuttosto che curare, qualche mio suddito impertinente.
Ho sempre perseguito la giustizia e tutelato la legge. Non ho mai nascosto i
miei imbrogli. Non ho mai rifiutato aiuto a qualche bisognoso, anche se era un
poveraccio rompiscatole. L’ho anche tenuto vicino al mio cuore. Al popolo ho dato
strade pulite, cibo per i figli, lavoro,feste… Chi dice il contrario diffama!!!
Continuò. Non fidarti se qualcuno ti racconta che persino la Piffera non crede
più alle mie doti ruffiane cercando altre consolazioni. Mai ho imbrogliato le
carte e pensato di andare ad occupare altro trono che non fosse quello sul
quale sono stato seduto e di cui non ho approfittato. Non ho mai messo le mani
nelle casse del regno utilizzando il denaro dei tributi per pagare i miei
banchetti. Anche quando non ero ancora re ho sempre pagato sino all’ultimo
tributo e se ti hanno raccontato il contrario, e che a qualcuno non ho mai dato
in cambio nulla pretendendo le 60milapiffer, è la solita bugia dei malpensanti …
Credimi – implorò di nuovo - se ti dico che incontrarti, per me, è il
più bel giorno della mia vita…“.
Il
povero Minosse, a stento, riuscì a contenersi. Stremato aveva quasi voglia di
mordersi di nuovo la coda pur di non sopportare le sue panzane e non ridere di
fronte a tanta faccia tosta.
Il
Piffero era noto anche all’inferno per la sua capacità di contar balle e i
cornuti diavoletti all’ingresso non vedevano l’ora di poter accarezzare con le
loro lunghe fruste – soddisfacendo - la schiena e le natiche del loro ospite.
Allora,
il cornuto giudice, indicò il cerchio cui Piffero era destinato.
Chiamò
Grifolino, gli chiese di salire, e lo pregò di presentare il “questuante” a
quelli che sarebbero stati i suoi compagni per l’eternità, li nell’ottavo
circolo quello dei falsari di parole e
bugiardi cronici.
Così
la Brigata spendereccia, il Capocchio, Mastro Adamo e la Moglie di Putifarre quella che, al Piffero, donò la tonaca di
Giuseppe per invitarlo a coprire le sue indecenze, decisero di organizzare un
grande evento in suo onore.
Il fantasma
di Narciso, al cospetto di quell’ospite, da quel momento cominciò a dubitare
della sua immagine
Piffero, non
aveva i denari per partecipare alla festa, ma decise lo stesso di dare il suo
contributo, impegnando l’anima… dei suoi sudditi.
Ritornato
ad Onassas, in “attesa del
momento in cui l’avrebbero deposto, in cui avrebbe dovuto lasciare il trono, lo
scettro, la corona”,
chiamò il
fido Sculetta, Appendiquadri, Capatesa ed ordinò di contaballare al popolo
preoccupato che, presto, il regno di Onassas avrebbe goduto di lavoro,
benessere e bellezza dei luoghi a patto che…
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