sabato 6 aprile 2013

"La storia di “Re Piffero” il “consiglier Avvelenavipere” e della “cortigiana delusa” che voleva fare la “principessina”…"


C’era una volta – o forse c’è ancora- un Re…

Un Re che si chiamava Piffero e che aveva trovato il suo trono in un castello incantato: Onassas. Un castello di un paese che si trovava sul  cucuzzolo di una collina e dove qualcuno pensava si fosse fermata la storia.

Lui, in verità, un trono ce l’aveva già, ma siccome il popolo – che è sovrano- non lo voleva, gli aveva preferito un altro.

Il trono sul quale era riuscito a sedersi di nuovo, però, era un po’ piccolo, non gli “calzava” a misura e lui voleva cercarne un altro un po’ più comodo. E che gli assicurasse anche un po’ di futuro. Più degno per le sue aspirazioni. Che erano tante, ed anche grandi. Un Re megalomane ed anche un po’ fanfarone.

Un Re ciarliero a cui piaceva parlare, sempre,  dappertutto e spesso a vanvera.

Re Piffero, come tutti i Re che si rispettino, aveva una corte. Una corte a cui regalava lavoro e ricchezza. Viaggi in giro per il mondo e promesse di successi.

Agli altri minacce e vendette. Perché, Re Piffero, non sopportava di essere criticato e deriso per le sue debolezze ed incapacità. Pensava di essere il più bravo re del mondo e guai a contraddirlo. La sua vendetta, ispirata dal suo consigliere, non si faceva attendere.

Uno dei cortigiani, ogni giorno, nel palazzo appendeva un nuovo quadro con su scritto : “abbiamo il più bravo Re del mondo”. 

Sapeva che questo gli faceva piacere e tutta la corte ormai non si spaventava più quando sentiva i colpi di martello sui muri. Era il signor “Appendiquadri” che si guadagnava la pagnotta assolvendo al compito per il quale era stato chiamato dal Re.

Quando Re Piffero conquistò il trono tutti i cortigiani lo portarono a spalla, in processione, fin davanti al palazzo nel quale aveva ordito con il suo consigliere - il signor Avvelenavipere, l’unico ad avere il potere di parlare senza chiedere il permesso -  la conquista del castello.

Bambini festanti. Giovani ancelle danzanti, canti di orchestrine e da mangiare per tutti con gli immancabili fuochi di artificio.

In realtà, tutti, avevano sperato di poter ottenere il rispetto delle promesse fatte da Re Piffero.

Alcuni dei cortigiani, per guadagnare meriti  e difendere il nuovo Re, si erano spinti persino ad insultare e minacciare chi osava sollevare dubbi sulle capacità di governo di Re Piffero, invocandone il rogo.  Che in realtà era stato abolito già da qualche anno.

Nel castello la gente non se la passava bene. Re Piffero aveva aumentato le tasse per poter pagare le feste offerte alla sua corte. Aveva poco lavoro. I più giovani che non trovavano protettori erano costretti ad andare via, o ad accettare i soprusi imposti dai vassalli, mentre quelli più furbi potevano mangiare alla stessa tavola organizzata dal consigliere di Re Piffero, al quale, quasi tutti, provavano a chiedere qualcosa. E, non mancavano di prendere in giro quelli che, per mancanza di coraggio o forte senso di dignità, preferivano il digiuno all’elemosina.

Avvelenavipere era quello che, in realtà, non appariva mai, ma decideva tutte le questioni che riguardavano il castello.

Chi doveva lavorare. Chi doveva aprire il banco del pesce o della frutta nella piazza del mercato, il medico degno di curare gli ammalati e il sanatorio presso cui andare a curarsi o la scuola nella quale insegnare le cose che lui riteneva utili e, anche chi poteva andare in processione ed accompagnare la statua del Santo patrono ma, soprattutto, chi poteva scrivere nell’unico foglio degli annunci locali… Purché annunciasse solo quello che gli faceva piacere. Ognuno, diceva, in casa propria fa ciò che vuole. Solo che lui, come casa propria, considerava anche quella degli altri.

Mai una sola decisione era stata presa senza il suo beneplacito.

Persino gli spifferi dal palazzo, prima di uscire, chiedevano il permesso. Ed i raggi di sole non entravano mai dalle finestre aperte senza che Avvelenavipere consentisse loro di illuminare le stanze e l’attività che in essa si svolgeva. E, quando entravano vi rimanevano, timidamente, solo pochi minuti. Per poi scappare.

Il consigliere, in realtà, sembrava una persona molto docile e buona. Spesso anche disponibile. Caritatevole. Ma era solo per carpire la buona fede, fiducia  e illusione delle sue vittime.

Il consigliere era uomo ricco e facoltoso. L’unico ad avere il potere di aprire il salvadanaio e dare denaro a chi ne avesse bisogno. E, i questuanti non mancavano mai  sull’uscio di casa. Nella  sua “fabbrica di biscotti” (in realtà la fabbrica non era sua ma lui la considerava tale) lavoravano solo persone fidate che gratificava con la sua elemosina. E, se dopo qualche anno di fedeltà, gli dimostravano di meritare la sua fiducia, lui, poteva anche decidere di dare qualche meritato soldo per il lavoro fatto.  E di promuovere il malcapitato – si - da semplice servo  a fedele servitore. Da buon benefattore qual era.

Si racconta che, una volta, mentre se ne andava a passeggio tra i boschi della valle delle orchidee una vipera ebbe la sfortuna di incrociarlo. Avvelenavipere, inavvertitamente, gli pestò la coda e, la serpe,  tentando di difendersi, gli diede un morso.

Non l’avesse mai fatto!

Morì stecchita. Da allora, tra le serpi del paese, si è sparsa la voce e quando d’estate il consigliere se ne va a passeggio tra i boschi loro scappano lontano nel paese vicino.

Una delle cortigiane, piccola, tarchiata, poco curata, con i segni dell’età che ormai ne facevano una donna la cui gioventù non si intravvedeva più nemmeno scrutando l’orizzonte e anche un po’ cattiva per le delusioni ricevute dalla vita (le amiche, in privato, la chiamavano “crudelia”), ed il cui compagno, che spesso si accompagnava al consigliere, un giorno decise di partecipare ad un concorso in un paese vicino.

Lei, da sempre, guardandosi allo specchio aveva creduto di essere una “principessina” a cui tutti dovevano considerazione e rispetto.

Dovevano ascoltarla e mai contraddirla. Anche il marito che, in fondo, le reggeva il moccolo senza mai pronunciar parola e senza prima aver chiesto il permesso. Anche quando si riunivano nel circolo delle amiche del Re, dove si giocava a “rubamazzetto”, ma a decidere le regole poteva essere solo lei.

Al concorso, le partecipanti, oltre ad essere belle,  dovevano dimostrare di saper anche cucinare.  

Si sarebbe scelta la cortigiana cui affidare la cucina del palazzo. E, non saper aggiungere il sale alla minestra o mischiare gli ingredienti, poteva essere colpa grave.

“Crudelia”, che ormai non aveva più grandi possibilità per far apprezzare le sue grazie e le sue capacità domestiche, decise di provare ad essere la prima e farsi scegliere.

Lei, che conosceva come entrare nelle grazie dei Re, avendolo già fatto con quelli che avevano preceduto Re Piffero, si rivolse al consigliere e protettore, Avvelenavipere, ed allo stesso Re : a loro chiese di intercedere sul vicino affinché potesse essere la prescelta. La prima. L’unica. Quella che faceva brillare la luce negli occhi del Re. 

Ma in realtà, la piccola  “Crudelia”, pur se da anni provava ad organizzare le feste del paese, le sfilate delle cortigiane più giovani, i banchetti di ringraziamento al popolo in corteo e quant’altro potesse essere aggraziato dal tocco femminile o di una mano delicata, ogni volta che lo faceva combinava guai. 

I pasti non erano di qualità, le feste andavano deserte e una volta, si racconta,  persino una mosca, caduta nel piatto del Re Piffero, scappò via disgustata dopo aver provato l’alimento proposto a sua maestà dalla cortigiana.

Eppure, assicurava, era stato cucinato con le sue stesse mani.

Si sussurra che persino Re Piffero cominciasse a nutrire dubbi sulla buona fede della cortigiana, che nella vita aveva dimostrato solo di saper chiedere.  Anche lui immaginò che, magari, farla diventare la prescelta potesse essere una soluzione per allontanarla.

Lei voleva sempre essere quella che si faceva notare. Che stava in prima fila, che sapeva, anche quando in realtà non sapeva, di cosa stesse parlando.

Ed allora Re Piffero ed il suo protettore e consigliere, decisero di assecondarla. Chiamare il Re del paese vicino e chiedere, dopo aver  elogiato le sue presunte qualità, di farne la preferita. Far si che fosse lei quella che doveva essere scelta come la più bella e capace di organizzare la cucina reale. 

Re Vediamo ascoltò cosa avessero da dirgli Re Piffero ed il consigliere. Si incuriosì, ed in nome dell’antica amicizia promise che sarebbe intervenuto per tenere nella dovuta considerazione la cortigiana segnalata.

Qualche giorno dopo nel castello di Re Vediamo tutte quelle che si erano candidate si presentarono per dimostrare le loro capacità e i loro pregi.

Re Vediamo ed una commissione di saggi guardò con attenzione le candidate.

Si presentarono una ad una, le vide ballare, raccontarono cosa avevano fatto e provarono a cucinare.

Alla fine, però, accompagnati da squilli di trombe furono annunciati i nomi delle prescelte.

“Crudelia” la falsa, non fu la prescelta.

Non aveva convinto la commissione e Re Vediamo  rimase deluso.

Eppure, avevano insistito. Gliene avevano parlato molto bene Re Piffero e Avvelenavipere. Garantivano loro!
Ma, Re Vediamo, i pregi che Re Piffero ed il suo protettore – Avvelenavipere - gli avevano illustrato non riuscì ad intravvederli e fu costretto a rimandare indietro la “Crudelia” che, arrabbiata, e delusa, se la prese con Re Piffero il quale richiamò l’amico  Re Vediamo.
-Pensavo di avere un amicOOO! Gli disse. 
- Pensavo che tutto quello che ti avevo raccontato potesse essere sufficiente a far di Crudelia la  presceltaaa… A scapito delle altre. Ed invece, nienteee! 
-Me l’ hai rimandata indietro. E adesso, io sono costretto a sopportarla!                                                -Ricordati che ho perso un amicooo! Questo non me lo dovevi fareee!
Le urla e le promesse di vendetta si udirono per tutto il regno. Era proprio arrabbiato Re Piffero. E doveva proprio tenerci tanto a “Crudelia”, se, rinunciò all’amico cui, da sempre, testimoniava stima ed affetto. Persino l’estate, quella volta  tardò ad arrivare – forse intimorita dalla rabbia di Re Piffero -  mentre la primavera riservava solo giorni di pioggia, ed il sole non osò farsi vedere.

Re Vediamo proprio non si riusciva a capacitare. Farsene una ragione gli risultava difficile. Eppure era stata solo scelta, a suo parere, una persona più brava.

Ma per Re Piffero questo non andava bene. Significava offendere la sua dignità.

Significava che lui contava poco o niente. 
- Mai visto mai che un Re non poteva più decidere che a ricoprire un posto sia un’incapace a favore di una un po’ più capace?
- Poteva mai funzionare il mondo così organizzato? 
- Si poteva non tener conto dei desideri del consiglier Avvelenavipere? 
Della “Crudelia” e del suo compagno?
- E dove sarebbe andato a finire il mondo se ci si dovesse comportare sempre così dando il cattivo esempio e scegliendo quelli più bravi a favore di quelli che lo sono meno? 
No! Così non poteva andare. E’ un’offesa che va vendicata e dichiarare, ufficialmente, inimicizia a Re Vediamo…  Così impara!

E, fu così che un fido messaggero partì per recapitare, direttamente, a Re Vediamo la volontà di Re Piffero e di Avvelenavipere.

Da quel momento, Re Piffero non rivolse più la parola a Re Vediamo ed Avvelenavipere dichiarò che avrebbe armato l’esercito di fidi servitori e guardiani del palazzo per vendicarsi.

Eppure, Re Piffero, aveva conquistato il suo trono promettendo giustizia e lavoro. Promettendo di premiare i meriti e di guardare ai deboli ed agli ultimi.

Una gran parte del popolo aveva creduto alle sue parole. Aveva atteso che le sue promesse diventassero realtà…  Ed aveva anche ricevuto doni prima dell’insediamento del sovrano. Anche se, in qualche caso, la moneta ricevuta sottoforma di elemosina era falsa o fuoricorso.

Ma, Re Piffero, in verità, non aveva spiegato quali erano le promesse che potevano diventare realtà.

Per lui l’importante era promettere, tanto qualcuno ci avrebbe creduto e qualcun altro ne avrebbe approfittato, continuando a mangiare alla corte del nuovo Re ed a mungere la vacca reale.

Così, come aveva fatto con quelli passati… 
E’ solo una favola. O forse no!

Nessun commento:

Posta un commento